CHIRURGIA DEL PIEDE

Piede > Patologia dell'avampiede

PATOLOGIA DELL'AVAMPIEDE > ALLUCE VALGO

L’alluce valgo è una delle patologie più diffuse a carico del piede. E’ caratterizzato da una deformità del primo dito (l’alluce, appunto) che comporta una deviazione laterale della falange, con lussazione dei sesamoidi, due piccole ossa entro le quali si trova l’articolazione dell’alluce. In genere, questa deformità è accompagnata da una tumefazione dolente della parte interna del piede, la cosiddetta “cipolla”, che altro non è che una forma di borsite, cioè di infiammazione da sfregamento con la calzatura. La deformità dell’alluce valgo si associa spesso al piede piatto, in quanto la ridotta curvatura della pianta porta a sovraccaricare in modo esagerato la parte anteriore del piede, e può causare, oltre a lesioni cutanee (callosità, ulcerazioni) che abbiamo già visto, anche deformazioni al secondo e terzo dito, definiti "a martello" e ulteriori conseguenze come lesioni osteoarticolari all’avampiede e persino ripercussioni gravi sui ginocchi, sulle anche e sulla colonna vertebrale. 
Chi maggiormente soffre di alluce valgo è la donna (dieci volte più dell’uomo), in genere di età matura o senile, e soprattutto se vi sono casi di ereditarietà.

 

PATOLOGIA DELL'AVAMPIEDE > ALLUCE RIGIDO

L’alluce rigido è l’esito di un processo degenerativo a carico dell’articolazione del primo dito del piede con il primo metatarso, per cui l'alluce perde la mobilità e non può più flettersi ed estendersi. La causa può essere un trauma o una serie microtraumi ripetuti, oppure il naturale invecchiamento delle cartilagini e l'artrosi. La sintomatologia varia dalla rigidità articolare al vero e proprio dolore acuto; di solito l'alluce è molto dolente al mattino o dopo qualche attività fisica, anche modesta (ad esempio una passegiata). Nella fase conclusiva della patologia l’articolazione può essere completamente distrutta e divengono difficoltosi anche i movimenti più semplici, come infilare le scarpe o compiere pochi passi. Tutto questo può essere fonte di invalità e ridurre notevolmente l’autonomia personale.  

 

PATOLOGIA DELL'AVAMPIEDE > DITO A MARTELLO

E’ una deformità delle dita del piede, con interessamento più comune del 2°, 3° e 4° dito (l’alluce è il 1°); tipicamente, il dito assume un aspetto curvo, che ricorda ilmartelletto del pianoforte, da cui deriva il nome; altre volte assume invece un aspetto ad “artiglio”.

La causa è dovuta ad uno squilibrio dei piccoli muscoli del piede; la deformità può comparire da sola, o far parte di patologie più complesse, come il piede cavo, l’alluce valgo, il piede reumatoide. 

Il dolore nasce dal conflitto della deformità con la calzatura, per cui si formano sul dorso del dito delle vistose e dolenti callosità, che nei casi più gravi possono ulcerarsi.

La chirurgia percutanea consente la correzione della deformità attraverso una serie di atti chirurgici che variano in base alla sua gravità: sezione di tendini retratti che hanno perso la loro funzione, rimodellamento di salienze ossee anomale, osteotomie (piccole fratture dell’osso allo scopo di riallinearlo), ecc.

In ogni caso l’intervento dura pochi minuti e viene svolto attraverso 2-3 incisioni di 2 millimetri circa; se necessario, si esegue anche una piccola plastica cutanea asportando la cute in eccesso. Non si applicano di norma ferri di alcun genere e, come di consueto in questa chirurgia, la deambulazione è immediata. 

 

PATOLOGIA DELL'AVAMPIEDE > V° DITO VARO

Questa deformità è rappresentata da una esostosi (protuberanza ossea) al livello della testa metatarsale del quinto dito e dalla falange di quest'ultimo ruotata verso il quarto dito, con la presenza di una "borsa" infiammata che assomiglia a quella dell' alluce valgo. In altre parole si verifica una torsione del quinto dito, che è simile al valgismo, tanto che viene definita "alluce valgo al contrario", o anche “bunionette” (callo del sarto). Tale patologia può provocare vivo dolore in corrispondenza della testa metatarsale con una ipercheratosi (callosità) plantare e laterale in corrispondenza della testa del quinto metatarso. Il trattamento è simile a quello previsto per l' alluce valgo:  nei casi più lievi verrà prescritto un plantare o apposite calzature, in quelli più gravi occorrerà valutare l'intervento chirurgico più adeguato. 

 

PATOLOGIA DELL'AVAMPIEDE > METATARSALGIA

La metatarsalgia è uno stato doloroso che colpisce le teste dei metatarsi (4 in figura) ed è provocata dalla compressione del nervo plantare digitale o da problemi di sovraccarico in presenza di avampiede rotondo e convesso. Da un punto di vista anatomico, l'avampiede rotondo e problemi ai legamenti dei metatarsi favoriscono le compressioni del nervo plantare digitale. In questi casi possono comparire anche neuromi e artrosi a carico dei metatarsi e delle falangi.
La metatarsalgia provoca bruciori oppure forti dolori intermittenti; la funzionalità e la sensibilità di avampiede e dita è ridotta e, nella fase acuta, risulta impossibile correre.

 

PATOLOGIA DELL'AVAMPIEDE > NEUROMA DI MORTON

E’ semplicemente l’aumento di volume di un nervo sensitivo interdigitale , solitamente quello passante nel terzo spazio intermetatarsale, provocato da uno stimolo irritativo cronico di natura meccanica, che causa la crescita di tessuto cicatriziale fibroso intorno al nervo stesso, subito prima della sua biforcazione ala radice delle dita.

Il nervo cosi’ ispessito trasmette tipiche sensazioni dolorose che danno nome a una sindrome che prende il suo nome da Thomas G..Morton, il medico che nel 1876 a Philadelphia, descrisse la sindrome dolorosa correlata ad esso, anche se sembrerebbe gia’ conosciuta e descritta precedentemente in Inghilterra alla corte della regina.

Anche il termine neuroma e’ assolutamente improprio in quanto il suffisso “oma” indica una condizione tumorale del nervo, in questo caso assolutamente inesistente, trattandosi esattamente di una “fibrosi perineurale”, cioe’ la formazione di tessuto cicatriziale fibroso causata dalla continua frizione sul nervo delle adiacenti ossa metatarsali e del legamento intermetatarsale profondo, che a livello del terzo spazio sono piu’ mobili rispetto ad altre parti del piede.

 

Piede > Patologia del retropiede

PATOLOGIA DEL RETROPIEDE > PIEDE PIATTO

E' una realtà piuttosto comune alla nascita: consiste nell'assenza anatomica dell'arco del piede. Conseguenza: tutta la pianta poggia a terra. Si tratta di una condizione bilaterale, raramente legata ad una predisposizione familiare. Nel corso della prima infanzia, con il progressivo sviluppo degli archi attraverso la completa formazione dei muscoli e dei legamenti in sede plantare, si può talvolta avere una correzione naturale. 
E' una delle deformità più comuni del piede caratterizzata dall’ appiattimento delle volta naturale del piede. Il risultato di questa alterazione è uno squilibrio che colpisce le piccole articolazioni de piede e l'articolazione della caviglia producendo uno stress meccanico che si traduce in precoce degenerazione articolare ed eventuale sintomatologia dolorosa. Si tratta di una condizione bilaterale, raramente legata ad una predisposizione familiare. Nel corso della prima infanzia, con il progressivo sviluppo degli archi attraverso la completa formazione dei muscoli e dei legamenti in sede plantare, si può talvolta avere una correzione naturale.
Lo spianamento delle volta plantare nel piede piatto, si dimostra facilmente con l'impronta plantare che può essere presa facendo appoggiare i piedi sotto carico sopra un cuscinetto imbevuto d'inchiostro e poi su un foglio di carta, oppure in modo più sofisticato con il "podogramma" o con metodi radiologici con cui si misura dell'altezza longitudinale durante un appoggio sotto carico.

Il contenuto di questa pagina richiede una nuova versione di Adobe Flash Player.

Scarica Adobe Flash Player

TRATTAMENTO CHIRURGICO DI UN BAMBINO

Nei bambini di 10 -12 anni con piede piatto funzionale di 3° o 4° grado, con severa valgizzazione del retropiede che giungono all’osservazione dello specialista per la prima volta o in cui il trattamento con plantare non ha dato miglioramenti, e’ sicuramente indicato il trattamento chirurgico. Questo consiste nell’introduzione di una semplice vite per via percutanea attraverso un forellino della cute, al’interno del seno del tarso.
Il seno del tarso è quello spazio normalmente esistente tra calcagno e astragalo tra le articolazioni della sottoastragalica la cui escursione eccessiva in pronazione e’ responsabile della deformita’.
L’introduzione pertanto di una vite ad incastro in questo spazio (artrorisi subastragalica), o avvitata nel calcagno in modo che la testa sporga nel pavimento del seno (calcaneo stop), limita l’iperpronazione impedendo lo scivolamento dell’astragalo sul calcagno. Tale correzione e’ inizialmente di natura meccanica ma successivamente assume una natura proprio recettiva, in quanto lo stimolo meccanico esercitato dalla vite a livello dei recettori presenti nei tessuti del seno del tarso stimola per via riflessa i muscoli deputati al mantenimento della volta la cui tensione viene adattata alla nuova situazione e perpetua la correzione anche dopo la rimozione della vite che generalmente avviene dopo tre anni.
L’intervento e’ tecnicamente semplice , con l’ausilio di strumentari appositi che permettono di inserire la vite per via percutanea attraverso un piccolo forellino della cute.
La durata dell’intervento è mediamente di 20 minuti per piede, può essere eseguito su entrambi i piedi e in anestesia locale con una piccola sedazione per evitare stress al piccolo paziente.
Nel decorso post-operatorio il bambino restera’ a letto i primi due giorni assumendo antibiotici e antidolorifici in compresse. Il piede verra’ bloccato in gambaletto gessato che sara’ mantenuto per 15 giorni circa.
Dopo qualche giorno il bambino scende dal letto ed esegue i primi passi con cautela senza appoggiare.
Dopo due settimane deambula con apprensione ma senza dolore.
Progressivamente il passo si normalizza e a tre mesi il bambino e’ libero di correre. Essendo una procedura mininvasiva rarissime sono le possibili complicazioni.
L’unica descritta e’ l’intolleranza del bambino alla vite che se presente dopo due mesi dall’intervento richiede la rimozione, senza nessun danno per le strutture muscolo scheletriche del piede.

La assoluta non invasivita’ della tecnica, la semplicita’ e la rapidita’ di esecuzione,
la convalescenza brevissima, e la spettacolarita’ della correzione rendono pertanto assolutamente consigliabile la correzione chirurgica del piede piatto del bambino, che pratichiamo in bambini di 10 -12 anni affetti da piede piatto severo, solitamente nei periodi di interruzione scolastica.