CHIRURGIA DEL GOMITO

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PROTESI

Esistono sostanzialmente due distinte tipologie di protesi del gomito: - La semi-vincolata detta anche articolata. - La non vincolata. Gli impianti protesici vincolati hanno un vincolo fisico (costituito generalmente da un perno) tra i diversi componenti. Si ricorre a questa tipologia se i legamenti che interessano l'articolazione del gomito unitamente a muscoli e tendini sono in qualche maniera compromessi e non sono più in grado di assicurare la giusta stabilità della giuntura. Questo tipo di protesi è sicuramente il più usato in quanto con artrite reumatoide (che è la causa più frequente per cui si ricorre all'impianto)è quella che consente migliori risultati sul lungo periodo. Nelle protesi non articolate o non vincolate non vi sono collegamenti che tengono i due componenti della protesi stessa. Questi sono solamente in contatto ed il vincolo è assicurato dai legamenti, muscoli, tendini ed altri componenti dell'articolazione. Ovviamente in tal caso il disegno della protesi è particolarmente curato e tenta di riprodurre con la maggior fedeltà possibile l'originaria struttura. Una protesi del gomito, qualunque sia il tipo, è sempre costituita da due segmenti metallici e da un meccanismo di snodo tra i due. I segmenti metallici vengono impiantati uno nell'omero e l'altro nell'ulna. Quello che varia, a seconda del tipo di protesi, è il meccanismo di snodo che consente il rotolamento di uno stelo rispetto all'altro. Come detto in un caso il movimento è semi bloccato da un perno, nell'altro il serraggio è assicurato dai tessuti dell'articolazione e l'unione tra i due steli è un semplice sistema di rotolamento. In entrambe le protesi le parti metalliche in movimento sono rivestite da polietilene per ridurre gli attriti. E indispensabile, al momento dell'impianto di una protesi non vincolata, l'uso di particolari meccanismi che consentono il suo posizionamento nel centro di rotazione fisiologico e tanto più preciso sarà tale posizionamento tanto più lunga sarà la durata operativa della protesi. Le complicanze fortunatamente rare possono essere: infezioni, instabilità della giunzione, lesione del nervo ulnare.

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FRATTURE

La frattura del gomito è un evento patologico che consiste nella frattura di una combinazione qualsiasi delle tre ossa che compongono l'articolazione del gomito.
Le fratture che possono interessare il gomito si dividono in:

  • Fratture sovracondiloidee dell'omero = molto frequenti in bambini, per trauma in flessione o in estensione, associate rispettivamente ad un movimento del frammento distale dell'omero (paletta) anteriormente o dorsalmente. Molto gravi le possibili complicanze da lesione del nervo radiale e raramente il mediano, la sindrome di Volkmann, o la viziosa consolidazione in varismo o valgismo.
  • Fratture dell'olecrano dell'ulna" = principalmente negli adulti per trauma diretto, richiede a volte il trattamento chirurgico
  • Fratture intercondiloidee = colpiscono a "V" o a "T" l'epifisi distale dell'omero ma non sono molto frequenti.
  • Fratture del capitello radiale = abbastanza frequenti legate principalmente per trauma indiretto su mano in difesa.

Nella pratica diagnostica, la frattura al gomito può essere indagata mediante il test di estensione del braccio: nel caso in cui il paziente non sia in grado di effettuarlo interamente, la probabilità di trovarsi di fronte a una frattura è pari a circa il 50%; in questo caso è necessario procedere all'indagine radiografica.

La frattura può essere invece esclusa, con un'ottima accuratezza predittiva negativa (adulti: circa il 98,4%; bambini: circa il 95,8%), quanto il paziente è in grado di effettuare il test raggiungendo l'estensione completa del braccio. In questo caso è possibile evitare l'esame radiografico purché il medico visitante sia in grado di escludere una frattura dell'olecrano.

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Gomito > Tendinopatie

TENDINOPATIE

La tendinopatia è un’infiammazione dei tendini dei muscoli dell’avambraccio che si inseriscono a livello del gomito. L’infiammazione può colpire i tendini posizionati lateralmente (epicondilite laterale, il classico “gomito del tennista”) oppure dal lato opposto del gomito (epicondilite mediale o epitrocleite). E' una patologia degenerativa infiammatoria che, anche se abbastanza comune e spesso invalidante, a causa della sintomatologia spesso modesta nelle fasi iniziali, è sottovalutata e giudicata come qualcosa di clinicamente banale. Al contrario, le difficoltà terapeutiche e la frequenza delle recidive richiedono una valutazione clinica e diagnostica rigorosa, così come una applicazione di misure preventive corrette.

EPICONDILITE
L’epicondilite è caratterizzata da dolore sul gomito, che può irradiarsi ai muscoli dell'avambraccio ed aumentare durante l'estensione del polso e della mano. Nella fase iniziale il dolore compare solitamente mentre si solleva un peso. Successivamente persino le azioni giornaliere ordinarie, come la stretta di mano, lo scrivere, l’apertura di uno sportello o il sollevare una bottiglia, possono causare dolore acuto e intenso a livello dell’inserzione osteotendinea epicondiloidea dei muscoli dell’avambraccio.
Obiettivamente, la pressione sull’epicondilo laterale causa un dolore acuto; anche le manovre di estensione contro resistenza del polso e del terzo dito della mano risvegliano il dolore .
Le indagini radiologiche convenzionali sono di poco aiuto nella diagnosi di questo genere di patologia; solo nelle fasi avanzate possono rivelare la formazione di calcificazioni vicino all'inserzione dei tendini.
Compare più frequentemente fra i tennisti dilettanti che fra i professionisti ed i semi-professionisti. È certamente la patologia più comune fra i giocatori di tennis, ma si può riscontrare anche nei giocatori di golf, negli schermitori e nelle diverse specialità dei lanci dell’atletica leggera.
La patologia interessa anche soggetti che non praticano sport, quali le casalinghe, i carpentieri, le dattilografe, i decoratori della casa, i pittori, gli orologiai ecc., cioè persone le cui professioni richiedono l'uso continuo e ripetuto dei muscoli estensori del polso e della mano e che effettuano continui movimenti di prono-supinazione.

Come si arriva alla diagnosi?
La diagnosi della tendinopatia del gomito è essenzialmente clinica con la conferma dell'ecografia.
Se applico il test che consiste nell'alzare la mano pronata e il paziente  prova dolore o fastidio, significa che  ha l'epicondilite degli estensori.
Se invece gli chiedo di ruotare verso l’esterno la mano (supinazione) e fa male, significa che la flogosi riguarda i muscoli supinatori.

Estensione del polso, movimento dolorante in presenza di epicondilite.

Qual'è la terapia?
Si deve procedere in diversi modi per rimuovere l'infiammazione, togliere la causa dell'epicondilite ed evitare le recidive.  Nelle fasi di dolore acuto risultano particolarmente efficaci i farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) assunti per via sistemica o locale (unguenti, gel, cerotti ecc.), possibilmente associati con impacchi di ghiaccio (applicazioni di venti minuti due volte al giorno, con cicli di otto - dieci giorni). Durante il trattamento il paziente deve interrompere l'attività sportiva specifica ed evitare quei movimenti giornalieri che coinvolgono i muscoli dell'avambraccio.

Si modifica il gesto sportivo o lavorativo e si tiene il bracciale anti-epicondilite che serve a scaricare le forze non sul gomito ma distalmente. E’ come spostare di pochi centimetri l’inserzione dei muscoli verso la mano.
Con la manipolazione della fascia si eliminano le aderenze che si sono formate nei muscoli e nel tessuto connettivo del braccio e che causano dolore, perdita di forza e limitazione del movimento.

Molti pazienti guariscono dall'epicondilite con la terapia fisica: laser, onde d’urto o ultrasuoni, tecar.
Una piccola percentuale di pazienti guarisce anche con la crioterapia. L'infiltrazione locale con preparati a base di cortisonici può essere usata, ma soltanto nei casi in cui i sintomi persistano dopo i trattamenti sopra menzionati, e in ogni caso dovrebbero essere effettuati solo per un numero limitato di volte.
Buoni risultati sono stati ottenuti anche con infiltrazioni di gel piastrinico.

In ogni caso, malgrado il rispetto di tutti gli accorgimenti terapeutici, una piccola percentuale (circa 5%) dei casi del epicondilite diventa cronica. In questo caso e soltanto come ultima risorsa, può essere presa in considerazione la terapia chirurgica convenzionale o con radiofrequenze (TOPAZ).

EPITROCLEITE

L’epitrocleite è la tendinite del gomito opposta all’epicondilite, la fitta è localizzata a livello dell’epitroclea , può interessare il pronatore o i flessori del polso e delle dita.
Il caso tipico è il gomito del golfista che può condurre nei non professionisti all’infiammazione di questi tendini.
La terapia è la stessa dell’epicondilite.

 

Gomito > Neuropatie

NEUROPATIE

E' la più moderna delle neuropatie da intrappolamento: colpisce di preferenza chi passa molto tempo al computer. Il braccio che afferra il mouse viene infatti ad appoggiarsi contro il bordo della scrivania nel punto dove passa il nervo ulnare. Questo grosso nervo (che da sensibilità alle ultime due dita della mano, alla parte mediale dell'avambraccio e ad importanti muscoli della mano e dell'avambraccio) ha un punto molto vulnerabile. Passa protetto solo dalla pelle e da scarso tessuto sottocutaneo contro l'osso del gomito, posteriormente e medialmente. Tanto che è facile individuarlo e palparlo con le dita. Proprio questa posizione anatomica lo espone a traumi e infortuni.
A tutti è capitato di avvertire urtando accidentalmente il gomito una violenta sensazione di scossa elettrica al braccio e alla mano: è il nervo ulnare che viene urtato. Pochi secondi, un massaggio al gomito con l'altra mano e tutto passa. Diverso il caso infiammazioni, aderenze o esiti di fratture del gomito che comprimono il nervo in modo permanente: formicolii, perdita di sensibilità alle ultime due dita della mano i primi sintomi. Deficit muscolari dopo: la mano si scheletrizza , le ultime due dita assumono un atteggiamento in semiflessione detto a "mano benedicente" il polso perde forza in flessione. Il bisturi da sollievo immediato: il giorno dopo l'intervento formicolii e dolori scompaiono. 
Più imprevedibile la ripresa della sensibilità e della funzione muscolare: dipende da quanto ha sofferto il nervo. A volte bastano pochi giorni a volte non vengono recuperate mai del tutto. L'intervento richiede lo sbrigliamento del nervo da tutte le aderenze per circa dieci centimetri e in alcuni casi lo spostamento sotto i muscoli anteriori dell'avambraccio. Il cuscinetto muscolare a protezione del nervo serve ad evitare inopportune recidive.